La diatriba sui mutamenti sociali ed economici apportati dalla tecnologia non è mai stata così accesa. Di certo, gli scenari di dominio dell’intelligenza artificiale fanno clickbaiting - suscitando l’interesse di un gran numero di utenti del web - ed in tanti si interrogano sul numero di posti di lavoro che la tecnologia inghiottirà. Al contrario, un sano pragmatismo impone di porsi un’altra domanda: come utilizzare le nuove tecnologie per aumentare la produttività del sistema Paese?
Vi racconto questa: New York, 1898. La rivoluzione fordista era alle porte ma i giornali parlavano solo del problema del traffico equino e dell’inquinamento che esso causava. Troppi cavalli congestionavano NYC, Londra, Parigi. L’allarme montava senza bisogno di Facebook. Le stime erano pressoché concordi: entro il 1930 le città sarebbero collassate a causa dell’enorme quantità di cavalli necessaria al trasporto di beni e persone. Sarebbe stata una catastrofe. Sappiamo tutti che c’è un lieto fine a questa storia vera: Ford tolse tutti dagli impicci con la Model T. Ma che ne sarebbe stato della filiera dell’allevamento equino? Allora l’allarmismo degli allevatori venne cavalcato a mezzo stampa, ma l’industria automobilista era destinata a divenire un settore trainante per il boom americano. Il cambiamento fa paura anche se dietro al suo impeto inarrestabile nasconde enormi opportunità.
I numeri sembrano confermare questa affermazione. Il report del McKensey Institute di Gennaio 2017 evidenzia che:
- Solo il 5% delle occupazioni esistenti potrebbe essere totalmente automatizzato;
- Invece il 60% delle occupazioni ha un 30% di mansioni che potrebbero essere efficientate con l’automazione dei processi.
Inoltre, il dato più interessante riguarda la produttività. Le forme di automazione e digitalizzazione potrebbero apportare un aumento annuo della produttività tra lo 0,8% e l’1,4%. Musica per un’Italia che soffre di una produttività stagnante. Non computer che rubano il lavoro bensì macchine che lavorano per farci guadagnare tempo! No, non sto parlando di cose astruse. Vi mostro l’esempio di una attività del tessuto produttivo italiano: la contabilità aziendale.
Nel bel Paese delle partite IVA e delle PMI questa attività fondamentale per la gestione del business viene troppo spesso svolta attraverso comunicazioni via Fax o fatture cartacee, fogli Excel, con software molto datati e non aggiornati e gli studi commercialisti sprecano ore di estenuante data entry di questa documentazione con un rischio di errore molto elevato. Sbaglio?
Eppure efficientare questi processi di comunicazione tra azienda e consulente potrebbe costare solo un abbonamento di pochi euro al mese (poco più di Netflix). Immaginate uno scenario in cui la PMI gestisce con pochi click in un Saas in cloud tutta contabilità. Il commercialista può consultare sempre questi dati contabili in tempo reale da un Tablet. Quando gli adempimenti fiscali si avvicinano Il commercialista può importare nel suo software la contabilità del suo cliente per fornire la sua consulenza o provvedere agli adempimenti fiscali necessari. Nessun invio di file o peggio fatture cartacee, tutto in tempo reale, addirittura da mobile. Uno scenario idealistico? No, uno scenario molto realistico di collaborazione azienda-commercialista che potrebbe liberare ambo le parti da ore di lavoro improduttivo. E bisogna iniziare da subito per non perdere il treno del cambiamento.
Insomma, nessuno può negare che l’ITC da vent’anni stia viaggiando a velocità da hyperloop ed il cambiamento dei processi possa intimorire e sollevare dei dubbi. Ma non riusciamo ad immaginare una giornata senza smartphone come riusciamo ancora a tollerare lungaggini ed inefficienze nella nostra quotidianità lavorativa? Perché non sostituire i cavalli con la Model T?
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